lunedì 23 marzo 2015

Italia

Cari amici ed ascoltatori....italian jazz e nuove tendenze



«È l’estate fredda, dei morti». Con quest’ultimo verso crepuscolare il nostro Giovanni Pascoli concludeva la poesia “Novembre” (1891), un mese che comincia sotto i migliori auspici, da principio tiepido e bonario come la primavera, poi tetro antipasto dell’inverno caratterizzato da luce esigua e fredde piogge. È proprio l’ossimoro pascoliano a dare il via al nuovo disco del quartetto Junkfood, tre anni dopo l’esordio di “Transience”. Paolo Raineri (tromba e flicorno), Michelangelo Vanni (chitarra elettrica), Simone Calderoni (basso elettrico) e Simone Cavina (batteria) effettano i propri strumenti per dar luogo ad una sintesi avant-jazz dei più disparati elementi stilistici contemporanei: il rock, l’elettronica, il noise e il jazz. Prodotto da Tommaso Colliva, “The cold summer of the dead” si presenta piuttosto eterogeneo dal punto di vista musicale ed offre un’ampia panoramica sulle tendenze più recenti del filone jazz. A proposito della nascita di questo LP, la band parla di fughe, stati di alterazione, labirinti, deliri e rivelazioni inattese, dovute al fatto che hanno registrato il tutto in presa diretta nei soli giorni di Halloween, Ognissanti e dei Morti. Una folgorazione sulla via di Damasco. La natura funebre di quest’opera, che poco spazio sembra lasciare alla leopardiana speranza, sta tutta nell’acidulo divagare dei suoi otto brani, a partire dalla cacofonia imperante della brevissima “In”. Se un free jazz di pregiata fattura pervade l’intero lavoro – tra ritmiche rotonde, mirabolanti aperture e insperati assoli di tromba – un’inclinazione marcatamente math-rock dà invece a quest’opera una struttura lineare e longilinea: ogni brano si alterna perfettamente. L’edificazione razionale di “Days are numbered” e “The maze” viene affaticata dallo splendore tipicamente jazzistico di “On canvas”; il libertinaggio compositivo di “The quiet sparkle” e “As one”viene irregimentato nella successiva “Below the belt”, forse il momento più elettr(on)ico dell’intero disco. Infine “In circles”, un brano che rende benissimo l’idea di circolarità del progetto Junkfood.
The cold summer of the dead” rinsalda il legame tra musica e letteratura, fra l’espressività istintiva del suono e quella introspettiva della poesia. Entrambe sottomesse alle regole compositive e sintattiche, le due anime pure dell’arte umana diventano qui un oggetto misterioso, cupo e a tratti micidiale. Il quartetto Junkfood utilizza strumenti e device in modo saggio e coerente per offrirci un’interpretazione del novembre, quel periodo dell’anno così vicino alla fine da non accorgercene. By F. Mendozzi da "storia della musica.......enjoy........ QUI....zero

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