sabato 18 aprile 2009

Zero the Hero

Ahh, cari, buoni, vecchi Gong....., sempre pronti a farci viaggiare con le loro vibrazioni cosmiche e le loro incredibili e visionarie storielle di mondi ultraterreni ed extragalattici… "Zero to infinity", tutt’ora ultimo lavoro che mi risulti dei Gong, è il quinto capitolo della saga dell’ormai leggendario Zero.

In "Radio Gnome Invisible Part 1-the flying teapot" (1972),il primo capitolo, il nostro eroe entrava in contatto "radio-telepatico" con Radio Gnome, che lo iniziava alla conoscenza del Pianeta Gong; in "Angels Egg" (1973) Zero viaggiava sul pianeta ed incontrava i suoi strani abitanti (Pot Head Pixies, Octave Doctors…), tornando poi carico di nuove idee festivaliere e conoscenze spirituali; in "You" (1974) Zero teneva il suo festival sull’Isola di Everywhere in attesa dei messianici Octave Doctors; la promessa di un nuovo livello di conoscenza da parte di uno sciamano metropolitano animava il più recente episodio "Shapeshifter", (1992), nel quale Zero si avviava a viaggi fisici e mentali fino a morire misteriosamente in Australia per rinascere, senza corpo fisico, pura essenza spirituale.

Una band con il dono di una spettacolare fantasia ed immaginazione… "Zero to Infinity", oltre a rappresentare il nuovo approccio della comunità anglo-franco-australiana al terzo millennio, aggiunge un ulteriore tassello all’epopea del simpatico Zero, ormai puro spirito, privo del suo corpo: la sua esistenza virtuale si rivela vantaggiosa e foriera di intriganti incontri con strambi e allegorici personaggi (Magdalene, Diana e Witch Yoni, Mad Monk e The Gongolope…). La formazione del 2000 è schierata a sestetto: la coppia Daevid Allen e Gilli Smyth, palesemente invecchiati nel corpo e nella mente ma immutabili Sir Capucino Longfellow e Shakti Yoni; gli onnipresenti Mike Howlett e Didier Malherbe (Lorde Tonsil of Aplomb e Bloomdido Bad De Grasse…); i nuovi acquisti Theo Travis (ottimo sassofonista nonché Theophilus Acidopholus) ed il drummer Chris Taylor (Professor Paradox). Che bella combriccola. L’album altro non è che un classicissimo spaccato di fervida fantasia alleniana, con una band che riprende i classici canovacci della prima metà degli anni ’70 (great!) per tirarli a lucido con ritmi e sonorità moderne e, al solito, ipnotiche ed estranianti. Nulla di eccitante o straordinariamente nuovo, la band non fa altro che regalarci una riedizione del più classico suono gonghiano, letteralmente inventato una trentina d’anni fa: si parte in quarta con Howlett e Taylor che macinano ritmi cadenzati e profondi, sui quali gli "space whispers" di Gilli e la "glissando guitar" di Daevid si incrociano alla grande ,tra onnipresenti influssi orientali e spirali fiatistiche di Malherbe (stavolta un po’ troppo in disparte) e del nuovo acquisto, davvero ottimo, Travis. Dopo la "fanfara" d’apertura ("Foolefare") e l’eccentrica "Magdalene" la band dà il meglio di sé con "The Invisibile Temple", un lungo ed ipnotico space/funky rock come solo loro sanno fare. Alcuni brani sono ulteriori e contorti rigurgiti "patafisici" alleniani, vedi "Zeroid" e la gustosa "Bodilingus", altri sono tocchi di poesia come spesso la band è stata capace ("Wise man in your heart"), altri ancora pure evocazioni di smarrimento cosmico ("Yoni on Mars"). "Mad monk" è deliziosa nel suo incedere bizzarro e nell’eccentrica interpretazione alleniana, stralunata e surreale è "Damaged man"; lieve ed avvolgente il finale con la coppia "Tali’s song" ed "Infinitea", quest’ultima innervata da fibrillazioni reggae/dub degne degli eredi Ozric Tentacles. La presenza di Travis, sassofonista colto e preparato, nonché valido polistrumentista (avremo modo di parlarne a lungo con i suoi lavori solisti), è sicuramente un valore aggiunto di tutto rispetto, che arricchisce i lunghi e dilatati episodi con tocchi di classe. Peccato che altri grossi pezzi dell’ingranaggio storico non ci siano più, mi riferisco a Steve Hillage e allo straordinario Pierre Moerlen, ormai, da anni, proiettato su coordinate esclusivamente soliste. Se da una parte si colgono l’importanza e l’influenza della band su artisti come Porcupine Tree, Orb, Memoria Zero ed Ozric, dall’altra fa tenerezza vedere la foto di gruppo con Allen e la Smyth invecchiati ..... Ahh, cari, buoni, vecchi Gong…HERE....enjoy.....zero

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Capito.

Unknown ha detto...

Una grande saga.....come erano certi LP di una volta.....da scoprire gustandosi ogni cm2 della cover o scoprendo pian piano i segreti nascosti negli inlet, allora molto + comuni che nell'era del CD.....pensa al retro di You....un vero e proprio fumetto....ciao e grazie della visita...zero

Anonimo ha detto...

Anch'io sono un innamorato per i vinili, il cd secondo me no c'è la stessa fantasia vedendo le copertine e ascoltando un musica meno viva e con un'unica seguenza; "You" purtroppo ho appena in cd peró "Flying Teapot" ho in una bellissima edizione inglesa della Virgin Records con copertina apribile e il inizio della storia riccamente scritta ed illustrata. Complimenti e grazie per l'attenzione

Anonimo ha detto...

Ciao, grazie per questo splendido blog, lancio un'appello: durante un trasloco ho perso un booklet meaviglioso, formato A4, con tutta la storia di Zero, se qualcuno lo avesse e fosse così gentile da farmene una copia (retribuita s'intende), ciao e ancora complimenti. guidofalco@email.it